Diversi, Ma Uguali a Noi
Dalla raccolta “Dimensioni sconosciute” di Alessio Ics
C’era una volta, e sicuramente c’è ancora, un pianeta magico abitato da libri pieni di Sapere, com’è naturale che sia.
Dovete sapere, però, che gli abitanti di quel pianeta erano divisi in due fazioni opposte, perché la Conoscenza presenta sempre le due facce del Bene e del Male: quella terra non riusciva a conoscere pace, poiché pensieri opposti tra loro si trovavano a scontrarsi continuamente l’uno contro l’altro.
La guerra incessante che funestava il pianeta non riusciva a trovare soluzione a causa degli scrittori che, in altre dimensioni più o meno lontane, scrivevano e scrivevano e scrivevano e producevano altre teorie ed altre filosofie e le contrapponevano le une alle altre senza soluzione di continuità.
A favore dei demoni o a favore degli angeli che fossero, tutti i nuovi libri andavano a raggiungere la propria fazione su quel pianeta lontano, per cui, ad ogni vittoria dei libri del Bene, faceva seguito la risposta dei libri del Male appena rinvigoriti dai nuovi arrivi. E viceversa.
Potete immaginare la confusione!
Sui campi di battaglia ogni attacco si concludeva lasciando sul terreno un mare d’inchiostro che sgorgava via dalle pagine dei combattenti di una parte e dell’altra.
Alle pagine completamente bianche dei libri uccisi si opponevano quelle solo parzialmente sbiancate dei volumi feriti, che avrebbero invece preferito morire pur di non essere ridotti ad inutili mucchi di carta da macero priva di contenuto.
I “restitutores”[1] (quelli che noi conosciamo comunemente come “medici” o “infermieri”) facevano il possibile, nei loro “valetudinaria”[2], per cercare di rimettere in sesto i feriti, anche i più gravi, quelli che riportavano addirittura la perdita di alcune pagine, se non addirittura di interi quinterni.
Nei valetudinaria di una parte e dell’altra era tutto un trasfondere inchiostro, ricostruire, rilegare e il più delle volte, purtroppo, constatare decessi.
Ma non per questo i due eserciti si andavano assottigliando, anzi! Dalle dimensioni lontane, anche quelle dei mondi paralleli più estremi, continuavano ad affluire libri e altri libri, e si continuava a vincere da una parte e perdere dall’altra e viceversa, come fosse il cerchio dell’oroboro[3]…
Una situazione difficile, signore e signori, molto difficile!
I due schieramenti – che per comodità chiameremo “gli Infernali” e “i Paradisiaci” – erano organizzati in maniera impeccabile sia dal punto di vista militare che da quello logistico e sanitario.
Questo implicava necessariamente la presenza da entrambe le parti di volumi appositamente addestrati, inquadrati in una gerarchia ferrea e incontestabile: la vittoria sarebbe stata possibile unicamente percorrendo i sentieri duri, ma necessari, della disciplina e della cieca obbedienza agli ordini.
Malgrado i pensieri contrapposti, le due parti presentavano – in linea di massima – una struttura militare simile, caratterizzata dalla presenza di un folto numero di sottufficiali sottoposti ad un folto numero di ufficiali sottoposti ad un folto numero di generali. Ai comandi di un solo Re.
I Re di entrambi gli schieramenti venivano scelti tra i generali ed eletti per acclamazione dagli ufficiali ogni qualvolta quelli in carica, per qualsiasi motivo, non potessero più esercitare il proprio ministero.
Generalmente, il Re degli Infernali aveva durata piuttosto breve, in quanto la sua stessa estrazione ideale ne faceva un personaggio di carattere insopportabile, perfido, indecoroso ed ingiusto. Ai suoi sudditi – ovviamente fatti della stessa pasta e quindi poco propensi alla tolleranza e al perdono – non riusciva di sopportarlo più di tanto, e questo gli costava il rogo, pena inflitta sommariamente che sembrava costruita su misura per un libro.
Il Re dei Paradisiaci, invece, avrebbe avuto migliori probabilità di coprire la carica più a lungo – e nella storia questo si è anche verificato -, tranne quando la troppa bontà e condiscendenza lo dipingevano agli occhi dei sudditi come buono oltre i limiti, debole e magari incapace, quindi colpevole delle disfatte sul campo. I Paradisiaci erano, ovviamente, mansueti e comprensivi, ma non scendevano dalla montagna del sapone e manifestavano un enorme senso della giustizia: ritenendo particolarmente ingiusto essere massacrati sul campo di battaglia, alla fin fine, dopo processi lunghi, approfonditi, corretti e ben argomentati, anche loro si facevano giustizia come gli Infernali. A differenza di questi, in linea con la propria filosofia, rifiutavano la pena del fuoco, limitandosi a recludere l’ex monarca nella cosiddetta “Biblioteca Umida”. E il trono rimaneva di nuovo vacante…
Nel periodo cui ci stiamo riferendo, il rozzo, isterico, insopportabile Re degli Infernali, si chiamava Maincanfo; quello dei Paradisiaci – che trovava banale farsi chiamare Angelo (il suo vero nome) – aveva preferito assumere il nome Evanghelius, che trovava più consono al suo ruolo, pur non modificando neanche un po’ la percezione che di lui aveva il suo popolo.
Il governo dei due si stava caratterizzando, fra morti e feriti da entrambe le parti, per un inedito equilibrio tra i due eserciti, dovuto ad un momento di scarsa produttività da parte degli autori extra dimensionali, imputabile quasi certamente al rarissimo allineamento fra il benefico Giove, l’arbitro Sole e l’inquietante Saturno, che poneva in standby la creatività e il pensiero, cattivi o buoni che fossero.
Già da tempo gli scontri procedevano più come scaramucce insignificanti che come vere e proprie battaglie. I valetudinaria erano quasi deserti e i restitutores passavano le giornate a girarsi gli indici (noi diremmo “i pollici”, ma non siamo libri…).
Non c’era guerra, insomma, ma nemmeno pace: una situazione anomala dalla quale era necessario uscire, chiudendo definitivamente le ostilità possibilmente (era il pensiero condiviso dai due sovrani all’insaputa l’uno dell’altro) con la proclamazione di un vincitore.
Ignaro di aver pensato lo stesso pensiero, toccò ad Evanghelius (il più riflessivo e disponibile) inviare un messaggero al proprio omologo per concordare un incontro al vertice, così da trovare soluzione allo stallo.
Il poveretto arrivò alla cittadella di Maincanfo, piuttosto malridotto a causa del non facile attraversamento delle linee nemiche ed anche per una sonora “passata” finale che le guardie non vollero risparmiargli prima di ammetterlo alla presenza del Re.
Malgrado la sovraccoperta stracciata e molte brutte orecchie alle pagine, il portavoce riferì dell’offerta del proprio sovrano.
Maincanfo, per quanto perfettamente d’accordo, si divertì a terrorizzare il povero tomo
urlando il suo disprezzo per la carta straccia che si materializzava in lui, nel suo Re e in tutto il popolo dei Paradisiaci, squallidi libri dalla copertina troppo morbida e dai contenuti effeminatamente sdolcinati. In un crescendo di insulti vomitati a gran voce, arrivò a minacciare di rinchiuderlo nelle segrete più oscure della Biblioteca Umida del Regno, per poi giungere, con la sua inquietante voce strascicata di cattiveria, ad acconsentire:
«Alle mie condizioni, però!» condizioni di una banalità disarmante, che definivano un personaggio sconvolgente nei modi e nell’aspetto, ma per niente preoccupante sul versante intellettivo: «Ci incontreremo al Confine di Mezza Via! Domani! Al tramonto!»
Il messaggero fu scaraventato a forza fuori dal palazzo, passò nuovamente tra gli strapazzi delle guardie e poi corse a gambe levate fino a trovarsi al cospetto di Evanghelius, al quale prima riferì la risposta di Maincanfo e poi presentò le dimissioni da messo, preferendo entrare a far parte attiva dell’esercito.
«Mi sentirò più al sicuro!»
Le due cittadelle nemiche erano collegate fin dalla notte dei tempi dalla Via, un lungo sentiero originariamente lastricato di pietre lavorate simili al nostro basolato che, a causa del passaggio dei carri da guerra e delle truppe, nel corso dei secoli si erano consumate e sconnesse rendendo scomodo e difficoltoso il cammino. La costruzione della Via, secondo alcuni Storici, rappresentava la prova che in passato – magari ai tempi dei rotoli di seta o dei papiri, chissà? – sul Pianeta si vivesse in pace ed armonia, teoria – questa – mai supportata da prove documentarie e relegata quindi nell’immaginario dei libri di buona volontà.
Da un lato e dall’altro del sentiero si estendeva a perdita d’occhio la Macchia Pungente, un fitto bosco che nascondeva roveti pressoché impenetrabili e alcune ampie radure storicamente adibite a fare da scenografia alle battaglie e dove per questo l’erba aveva virato il suo colore verde verso il nero dell’inchiostro versato dai caduti.
Esattamente a metà strada tra i due fortilizi, sorgeva una struttura metallica slanciata verso il cielo, con alla base un’apertura ad arco che sormontava la strada e attraverso la quale era necessario passare per transitare tra un Regno e l’altro, salvo scegliere di aggirare la porta e percorrere pericolosamente la Macchia con i suoi rovi.
Quello era il Confine di Mezza Via, che il sole stava tingendo del color rosso-marrone di un tramonto dall’apparenza tossica: arrugginito, pesante, molto diverso da quello che conosciamo. Quello era il luogo dello storico incontro!
Naturalmente Maincanfo arrivò in ritardo con il chiaro intento di far innervosire Evanghelius che, da parte sua, lo schiaffeggiò moralmente nascondendo ogni minimo segno di fastidio. Un punto per i Paradisiaci!
Due delle tre Lune del Pianeta dei Libri – la Gialla e la Blu – si fronteggiavano nel cielo già da un po’ quando i due sovrani conclusero la trattativa: quella Rossa – più veloce – era già transitata verso una nuova rivoluzione. Erano passate diverse ore dal tramonto (per la verità si era ormai prossimi all’alba) quando i due andarono a raggiungere le rispettive delegazioni, da una parte e dall’altra del Confine.
Entrambi si trovarono davanti ad uno spettacolo ben poco edificante di generali e dignitari addormentati, ammonticchiati gli uni sugli altri, ronfanti. D’altra parte, chi avrebbe potuto biasimarli? I due Re avevano preferito discutere faccia a faccia, soli sotto la struttura di confine, tenendo alla larga le orecchie dei sottoposti, e quelli, non avendo altro da fare, si erano ricongiunti alla Grande Pubblicazione del Sogno…
Asprezze da una parte e sensibilità dall’altra, i dignitari anestetizzati vennero riportati alla realtà dai rispettivi capi. Tra uno sbadiglio e uno stiracchiamento che fece scrocchiare più di una costa, arrivò inesorabile la domanda: «Cosa si è deciso?»
Nessuno e per nessuna ragione al mondo avrebbe creduto che i due nemici sarebbero arrivati ad un accordo. Grave errore!
I due monarchi, per quanto animatamente e con più di un motivo per possibili strappi (anche fisici…) erano arrivati alla conclusione che solo un arbitro imparziale avrebbe potuto attribuire la supremazia – e con questa il diritto di governo sull’intero Pianeta – ad una delle due parti.
Fra insulti e improperi da un lato e battute di sottile e raffinata ironia dall’altro, si decise che solo uno scrittore avrebbe potuto ottemperare a questa funzione. A patto che la sua Conoscenza non fosse in rappresentanza né del Bene né del Male, che fosse ammantato di assoluta imparzialità.
Insomma: fra tutti gli scrittori dei mondi paralleli, era necessario scovarne uno – se non proprio ambiguo – almeno in piena confusione mentale…
Entrambi i fronti incaricarono di questa complicata incombenza i propri sudditi specializzati: libri di Veggenza, Incanto, Illusione, Psicologia, Teologia, Buonsenso e Demonologia. Chiamarono addirittura gli Elenchi Telefonici, riservisti generalmente sottovalutati ed emarginati.
Questi, grazie ai propri strumenti, fecero ricerche su ricerche, indagarono sugli autori di tutte le Dimensioni, vagliarono e scartarono e soppesarono e giudicarono e considerarono e selezionarono e, finalmente, scremando scremando, ottennero il nome dell’unico, vero e genuino ago della bilancia possibile.
«Fuori il nome!» ruggì Maincanfo al rappresentante dei suoi esperti.
«Sei in grado di fornirmi un nominativo?» cantilenò Evanghelius al suo.
«Un certo A. I., del pianeta Terra situato nella Dimensione Principale!» fu il verdetto degli esperti, che risposero in una sorta di coro a distanza.
Grazie ad un fitto lavoro diplomatico e scientifico, si arrivò a definire le modalità di trasferimento (sequestro?) dell’ignaro autore.
Benché questa funzione fosse stata dimenticata da molto tempo, i libri di Tecnologia e Storia recuperarono le modalità per ripristinare la torre del Confine al suo antico ruolo – tra gli altri – di Porta Dimensionale.
Un manipolo bipartisan di Teste di Pergamena fu incaricato del prelevamento dell’uomo e una rigida mattina di invautunno – dopo averne accuratamente verificato il funzionamento – si presentarono in assetto da guerriglia davanti alla Porta, risorta a nuova vita, brillante, fremente e fumante come forse non era mai stata.
Sul sentiero, da una parte e dall’altra del Confine, si assiepavano le folle incuriosite e festanti dei libri affluiti da ogni parte dei Regni per partecipare ad un evento epocale, soprattutto per poter poi dire “c’ero anch’io!”
Tutto era pronto.
Un libro di Scienze, insieme ad un altro di Tecnologie, cominciarono ad armeggiare intorno ad una console lucidata e tarata per l’occasione. Tira una leva, gira un pomello, pigia un pulsante, spingi un pedale, la Porta cominciò ad emettere una luce dapprima rossastra, poi tendente sempre più al blu attraversando il viola, e poi verso un bianco abbacinante e sempre più invadente. La luce aumentava e aumentava e si diffondeva e si prolungava e ad un tratto catturò – letteralmente – le Teste di Pergamena, mentre la folla, ormai completamente accecata da quello splendore e da una sorta di delirio mistico, danzando e saltando con gli occhi serrati, urlava e cantava “Paradiso! Paradiso!” e “Inferno! Inferno!” e “Paraferno! Paraferno! e ancora “Inferdiso! Inferdiso!”
Mentre i militari scomparivano nella luce, trasportati verso la Dimensione Principale e poi verso la Terra e poi verso l’abitazione del prescelto, i due popoli cadevano preda di una follia che li portava a compiere atti altrimenti impensabili: da canti e risa si scadeva in scazzottate per futili motivi e poi in vere e proprie risse; molti tentavano di scagliarsi al di là del Confine per regolare qualche conto in sospeso con i nemici, ma non riuscendo a vedere un accidente cozzavano violentemente contro le strutture della torre, rimanendo a terra in laghi d’inchiostro; altri ancora si abbandonavano ad orge selvagge dal sapore animalesco, senza conoscere né l’aspetto né il sesso degli amanti occasionali.
La luminosità della Porta Dimensionale, a poco a poco, cominciò ad affievolirsi, e con essa si andarono smorzando anche gli eccessi dei convenuti, regnanti in testa.
Maincanfo, riacquistata la vista ed il senno, si ritrovò senza la regale sovraccoperta (nudo, insomma), frastornato, adagiato su una pubblicazione di consigli per la bellezza. Non ne fu dispiaciuto, da par suo, ma considerò opportuno recuperare dignità e vestiario, pur senza dimenticare di promettere alla pubblicazione – con tanto di occhiolino – che si sarebbero rivisti presto.
Più sorprendente fu il ritorno alla realtà di Evanghelius, ritrovatosi con un occhio pesto e due denti mancanti dopo essersi azzuffato selvaggiamente con un manuale di Arti Marziali. Glissò con eleganza la figuraccia, ringraziando l’energumeno “per la nuova esperienza” e riacquistando rapidamente il consueto aplomb.
Da una parte e dall’altra del Confine e anche sotto di esso e intorno, addirittura tra i rovi della Macchia Pungente, giacevano distese di libri feriti, disinchiostrati, con le sovraccoperte lacere, i quinterni mancanti, con pagine e pagine sfigurate dalle orecchie. I volumi crollati solo per la stanchezza causata dalle danze folli e dai canti a squarciagola, oppure come conseguenza delle sfiancanti prestazioni erotiche, erano quelli più fortunati.
Al di là dei percome, ad un occhio estraneo si sarebbe presentato uno spettacolo di squallore, lascivia, degrado, sporcizia, dolore e morte. Esattamente come successe ad A. I. al suo arrivo.
Con lo sfondo di quel deprimente scenario, infatti, ad un tratto la Porta Dimensionale tornò a brillare con le modalità precedenti, ma senza provocare, ovviamente, alcuna reazione tra la moltitudine di libri esanimi. Dalla valanga di luce emersero il drappello di Teste di Pergamena ed il povero A. I. in catene.
Quando la luminescenza, nuovamente, si estinse, A. I. (ma anche i militari, per la verità) rimase senza fiato di fronte a quello spettacolo che il sole grigiastro della mattina ormai inoltrata rendeva ancora più inquietante.
Evanghelius e Maincanfo, con un cenno d’intesa prima fra loro e poi ai soldati, fecero liberare il prescelto.
«Spero che i nostri inviati ti abbiano trattato con riguardo!» esordì amabilmente Evanghelius.
«Sei stato informato sulla ragione della tua presenza qui?» prosegui crudamente Maincanfo.
«Le catene rispondono alla prima domanda. Alla seconda rispondo sì, credo di aver capito il problema!»
«Mi scuso a nome di tutti per il trattamento subito, che spero non influenzerà negativamente il tuo giudizio!» Era Evanghelius a parlare…
«Bando alle chiacchiere! Dicci quello che pensi! Scegli, finalmente, a chi spetterà il compito di mandare avanti in futuro questo pianeta! E vedi di scegliere bene!» Questo, naturalmente, era Maincanfo…
«Malgrado le catene, sono arrivato qui armato di buone intenzioni e non vorrei sottrarmi a questo intendimento. Ma eccomi qui, a guardarmi intorno e a vedere degrado, dolore e morte. Da entrambe le parti.
Ora, signori miei, spiegatemi secondo quale criterio dovrei attribuire una preferenza agli uni piuttosto che agli altri, quando in realtà non riesco a trovare differenze.
Voi non vi combattete a difesa di un’idea per l’altra. Non siete buoni o cattivi (meglio: “Paradisiaci” o “Infernali”) per affermare una categoria che – a prescindere dalla valutazione oggettiva che se ne può dare – per ognuna delle vostre fazioni è comunque positiva, degna di essere sostenuta e difesa.
Guerreggiate tra voi unicamente perché ormai siete incancreniti in uno stile di vita dal quale non riuscite a liberarvi, ma non c’è supremazia morale tra gli uni o gli altri.
Guardate! Guardatevi intorno! Ammirate lo sfacelo al quale siete arrivati unicamente perché – ad un tratto – nella vostra vita è entrato uno stimolo nuovo, diverso, inaspettato e curioso: l’attivazione della Porta Dimensionale, della quale avevate perso ogni memoria, che probabilmente è stata creata nella Notte dei Tempi per consentire agli abitanti di questo Pianeta di muoversi tra gli altri e tra le altre Dimensioni, per capire, per studiare, per aprire il confronto con realtà diverse, buone o cattive, non importa.
Invece di crescere vi siete convinti – da un lato e l’altro del Confine – di essere i migliori, gli unici depositari del diritto di Vita o di Morte sugli altri, perdendo il gusto, voi stessi, di vivere.
Guardate l’orrore, e vergogna!
Oppure no: gioite nell’avere riscoperto altre pulsioni che tenevate nascoste a vantaggio dell’inutile e vuota corsa al Potere! Persi come siete nelle fantasticherie degli Scrittori, avete dimenticato la meraviglia di picchiarvi, di cantare, scopare e danzare!
Cari Re, cari tutti: non cercate in me – che sono l’ultimo degli scrittori, ma che valgo quanto l’oro della Libertà – la soluzione alla vostra stasi. Resuscitate e mettete a frutto i vostri valori nascosti per cambiare e proseguire nel cammino, per abbandonare la vostra vita da morti…
…e, soprattutto, riportatemi a casa, ché qui non servo e ho lasciato l’arrosto nel forno!»
Malconci, zoppicanti, grondanti inchiostro e spiegazzati, i libri cominciarono lentamente a rialzarsi sotto il sole verdognolo allo zenit.
A qualcuno venne spontaneo lanciare un applauso, e uno dopo l’altro gli altri lo seguirono. Fu uno scroscio dal quale le voci dei sovrani non riuscivano ad emergere. I due parlottarono tra loro, poi chiamarono vicino le Teste di Pergamena, il libro di Scienze e quello di Tecnologie, che ricominciarono ad armeggiare intorno alla console. Tira una leva, gira un pomello, pigia un pulsante, spingi un pedale, ricominciò il gioco di luci e colori che fagocitò i militi e l’Autore, che partiva con la certezza – per una volta – di essere stato utile, di aver salvato quel Pianeta e di dover salvare anche il suo arrosto…
Quella, per il Pianeta dei Libri, fu una giornata storica, da annotare sugli annali e tramandare ai posteri.
Il giorno dopo, ripresero i combattimenti…
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[1] Restauratori (in latino)
[2] Ospedali (in latino)
[3] Nella letteratura magica egizia e in quella alchemica, animale simbolico a forma di serpente che morde o inghiotte la propria coda formando la figura di un cerchio, a simboleggiare l’eternità e l’avvicendarsi della vita e della morte