È doveroso, nel lavoro interno ad un gruppo di lettura, cogliere quella che è l’essenza del testo, inquadrato nel periodo storico nel quale è stato prodotto e considerando il “modus scribendi” dell’autore. Tutto questo, naturalmente, per dimenticarsene subito dopo, non per sminuire l’importanza delle basi, ma per concentrarsi sul rapporto diretto e profondo che ognuno di noi deve intessere con la parola scritta e con i suoi molteplici significati.
In questo caso, mi riferisco nello specifico a “La casa dei Krull” (Chez Krull) di George Simenon, libro di lettura estremamente godibile che racchiude in sé una serie di interrogativi galleggianti sul palese filo conduttore dei mali prodotti dal pregiudizio e della maldicenza, attuale nel richiamare alla mente l’invadenza prepotente dei “social”, delle “fake news”, della necessità dei più di nutrirsi di ciò che vogliono sentire e farne legge morale, comandamento etico, verità incontrovertibile. Vox populi, vox dei!
Tornando a monte: la famiglia Krull è di origine tedesca, seppure da lungo tempo naturalizzata francese. La casa che li accoglie sorge ai limiti della città e in prossimità del canale che consente il passaggio di battelli e marinai, gli unici clienti della bottega annessa alla casa nella quale gli abitanti stanziali si guardano bene dall’entrare a far compere. Viene spontaneo pensare che Simenon prenda a pretesto l’atavica ostilità tra francesi e tedeschi, ma non può passare inosservato (il romanzo è del 1939) un particolare carattere profetico per quanto sarebbe accaduto realmente da lì a poco.
Nel concreto restano le difficoltà dei Krull ad integrarsi nel tessuto cittadino, la loro sospensione in una sorta di bolla fluttuante in un precario equilibrio dal quale tuttavia restano escluse manifestazioni di concreta opposizione, almeno fin quando non si presenti l’occasione per romperlo.
Garante silenzioso, ma graniticamente presente, di questo equilibrio è il capofamiglia Cornelius, che sembra non sapere e non capire cosa, come e quanto gli si muova intorno e tuttavia riesce a mantenere quest’ordine almeno fino a quando tutti (sotto il controllo di Maria, moglie e madre) evitano di modificare i propri comportamenti (almeno alla luce del sole) per rispetto nei suoi confronti.
Le occasioni di rottura dell’equilibrio sociale dei Krull, lo scoppio della bolla, sono sostanzialmente due: l’arrivo dello sfrontato cugino Hans e l’omicidio della giovane Sidoniè.
Hans (ambiguo, profittatore, dai tratti sessuomani eppure dotato di una sua etica e – certamente – del fascino di un rivoluzionario sui generis) agisce all’interno della famiglia, ne corrode le fondamenta, incrina la “bolla” ponendo dubbi e interrogativi, scuotendo le coscienze dei membri della famiglia fino a colpire indirettamente anche il vecchio Cornelius, che non riuscirà a sopportare né questo, né le conseguenze del secondo colpo al suo equilibrio.
Simenon nasconde velocemente il corpo di Sidonié dal tessuto di questo non-giallo. Di lei, in breve, non si interessa, praticamente, più nessuno. La madre (Pipì, vecchia ubriacona in eterno conflitto con Maria Krull) non sa nemmeno dove sia sepolto il corpo (che però evoca continuamente per sobillare gli animi), la polizia non considera la sua morte come un caso per il quale impegnarsi più di tanto, l’Autore stesso la pone in secondo piano dando spessore alle vere vittime presenti nel racconto: il buon senso, la Giustizia, il senso di civiltà.
Nessuno si impegna seriamente nella ricerca dell’assassino perché l’assassino è là, in quella casa. Deve essere così, perché quella è la casa dei “crucchi” e i crucchi, si sa, devono essere colpevoli.
La scrittura scorrevole ed intrigante segue un crescendo al quale è difficile sottrarsi, raggiungendo l’apoteosi negli ultimi capitoli dai quali, forse proprio in virtù di questa “montata adrenalinica”, il lettore si aspetterebbe qualcosa di più: la descrizione di un cambiamento epocale nella situazione sociale e nei rapporti, forse, e magari anche il nome dell’assassino.
Non è così.
La morte di Cornelius sembra come staccare la spina del motore, spegnere improvvisamente il pathos. Avvolti da questa sorta di bonaccia leggiamo l’ultimo capitolo, dal quale si potrebbe evincere che, malgrado il passare del tempo e l’evolversi delle situazioni, in sostanza nulla è cambiato nella personalità e nella realtà dei personaggi, i quali sembrano perpetrare sé stessi in una predestinazione che richiama alla mente la fede religiosa dalla quale, pur senza particolare convinzione, la famiglia non si è mai staccata.
Quest’ultima, ovviamente, è solo un’impressione di carattere personale che probabilmente Simenon non ha minimamente preso in considerazione, alla quale se ne aggiunge un’altra: quella sull’inutilità del sacrificio di Cornelius, vittima della convinzione – errata – che la sua “creatura”, la sua famiglia “troppo o troppo poco” tedesca, si stia in qualche modo frantumando per trasformarsi in qualcosa di troppo poco o troppo francese, o in chissà cos’altro…
Raffaele Corte (21 giugno 2021)
Georges Simenon
La casa dei Krull
Traduzione di Simona Mambrini
Biblioteca Adelphi, 662
2017, 3ª ediz., pp. 210
isbn: 9788845931383