La prima settimana di libertà di Mr Stevens, irreprensibile maggiordomo “figlio d’arte” ossessivamente dedito al rispetto delle basi tradizionali del suo lavoro e alla loro difesa, nonché al servizio di un gentiluomo moralmente discutibile. Il viaggio in automobile verso la Cornovaglia lo costringe a rivedere il suo passato e a rendersi conto di aver vissuto come un soldato nell’adempimento di un dovere astratto lontano dalla dignità umana. Ma forse è giunto il momento di cambiare.
Probabilmente, la parola chiave per la lettura e la comprensione di questo romanzo on the road (molto british anche se scritto da un giapponese) è “dignità”, che nella sostanza, per Stevens, consiste nella completa fusione con il proprio padrone e con i suoi modi di agire e pensare, e soprattutto nella capacità di essere “presente e assente” al tempo stesso, di non dare mostra delle proprie qualità umane, salvo quelle legate al puro servizio domestico.
Un grande maggiordomo, quindi, non è chi serve un grande padrone, ma chi serve grandemente il proprio padrone, chiunque egli sia e a prescindere dai suoi comportamenti.
Questo pone ovviamente il problema della completezza della propria umanità, che in definitiva viene sacrificata nel servizio, con tutto quello che comporta: la rinuncia agli affetti, alle emozioni, a tutto quello che, invece, nel sentire comune viene considerato davvero “dignità”.
Nel romanzo Stevens diventa metafora di una massa senza opinione, votata ad un consenso totale e assoluto del quale, prima o poi, dovrà pentirsi, come i tempi successivi alla guerra hanno ampiamente dimostrato.
Sulla base di queste premesse, ecco l’amore non-possibile (da non confondere con “impossibile”) per Miss Kenton, addirittura l’estraniazione dalla morte del padre per non compromettere, con le proprie emozioni, la buona riuscita dell’evento internazionale voluto da Lord Darlington, l’adesione – seppure, in questo caso, con qualche segno di inquietudine – alla volontà dello stesso Darlington di allontanare due cameriere ebree al fine di non urtare la “sensibilità” dei suoi ospiti tedeschi e i filonazisti delle Camice Nere di Oswald Mosley.
Da quanto traspare dal racconto, sembra proprio che la settimana di vacanza che fa da sfondo alla narrazione sia la prima che Stevens si sia mai concesso, il primo momento di distacco dai suoi doveri, la prima occasione, dunque, per ripensare alla sua vita. E non a caso, anche qui, interviene la sottile metafora dell’americano conquistatore e liberatore: dopo l’inevitabile (e – ancora – simbolica) caduta in disgrazia di Lord Darlington, è il suo nuovo padrone (l’”occupante” straniero di Darlington Hall) a concedergli modo e mezzo per aprire gli occhi verso il mondo esterno, di “liberarsi”.
Ma per rompere l’ingranaggio in cui il maggiordomo è imprigionato (si è imprigionato), per approfittare dell’opportunità di ripiegarsi su sé stesso, il maggiordomo ha ancora bisogno di un pretesto, che coglie nel tentativo di ricongiungimento con Miss Kenton: in fondo, anche se a modo suo, è l’Amore a scuotere il granitico aplomb di Stevens. Purtroppo per lui Miss Kenton (o, meglio, Mrs Benn) non ha percorso i suoi sentieri, ha tentato di vivere una vita “normale”, fatta di lavoro, certo, ma anche di ricerca del proprio essere donna e persona, incontrando difficoltà e piaceri, la crisi con un marito precedentemente mai amato (crisi alla quale Stevens cerca di aggrapparsi) e la gioia del suo divenire madre, nonna e – ora – moglie finalmente innamorata.
Nel suo ripensare a sé stesso e al proprio passato, riconoscere che Miss Kenton, pure in una posizione simile alla sua, sia riuscita a vivere la propria vita, constatare viaggiando che fuori dalle residenze padronali esistono persone in grado, con assoluta semplicità, di applaudire e gioire per la semplice e banale accensione delle luminarie su un molo, incontrare persone minute che cercano in qualche modo di trovare un proprio posto (una propria “dignità”, per l’appunto) in una società che è cosa ben diversa dal microcosmo sfavillante di Darlington Hall, rendersi conto che con il padrone può essere concesso e salutare intrattenere anche scambi di leggerezza, sono altrettanti step di un tentativo di rinnovarsi per cui è giunta l’ora, perché il tempo passa, ed è necessario assaporare appieno quel che resta del giorno, specialmente perché quello che si è perso, ormai, non si ritroverà più.