È possibile, oggi, percorrere la via dell’ottimismo?
“Qual è la prima cosa bella capitata questa mattina, al risveglio?”
La domanda è stata posta quotidianamente, più o meno in questa forma, dai conduttori di una di quelle trasmissioni “fresche” e/o “leggere”, proprie del periodo, che anche quest’anno hanno condito un’estate particolarmente torrida e ormai in via di lenta ma inesorabile dissoluzione.
La domanda appare assolutamente banale, sostituibile – per esempio – con “Cosa mangerai per colazione?” oppure con “Uscirai di casa malgrado il caldo?” proprio in considerazione della leggerezza del programma.
Invece è stata posta in un contesto che lascia poco spazio all’immaginazione: le cose belle bisogna andarle a cercare, bisogna faticare per accorgersi che esistono. Quando esistono.
Ovviamente su questo fatto – che forse avrò colto solo io – non credo si debba spendere tempo e sprecare termini e concetti filosofici o etico-morali. Gli stessi conduttori, peraltro simpatici ed intelligenti, probabilmente non si saranno resi compiutamente conto del fatto che la domanda nasce spontanea in un ambito storico e sociale tragicamente approssimativo ed instabile.
C’è poco da stare allegri, è sotto gli occhi di tutti: lavoro, sanità, scuola, ambiente, futuro, solidarietà… tutto si sta lentamente sfaldando per rifondersi in un amalgama informe, virtuale ed avvolgente, dove non c’è più spazio per il confronto diretto, per l’azione concreta, per l’impegno.
Non si va più a votare, perché “tanto sono tutti uguali”, “ai politici non interessano i problemi della gente, ma solo le poltrone”. Oppure, quando lo si fa, si premia sempre più chi (incapace di risolverli) preferisce obnubilare i problemi reali creandone di fittizi, perché – come si sa – mal comune è mezzo gaudio.
Allucinati e persi nello schermo dello smartphone, dimentichiamo che la polis siamo noi e che i cosiddetti “politici” non sono altro che una nostra proiezione. Abbiamo quello che meritiamo.
Allora è giusto cercare, giorno per giorno, “la prima cosa bella della giornata”, ma il punto nodale della questione è che le cose belle bisogna crearle, anche con fatica, se necessario. È possibile, ma questo richiede tempi molto lunghi, ammessa la reversibilità dei processi in atto.
Nel frattempo, per sopravvivere, è prudente affidarci a Schopenhauer, vedendo tutto nero e temendo il peggio: sarà meno deludente che aspettarsi una società luminosa e colorata.
Raffaele Corte (4 settembre 2019)