Sperando che gli amici burattinai non me ne vogliano…
Eccoli là, mollemente adagiati su un tavolo o più ordinatamente intruppati su una rastrelliera, con i visi vistosamente dipinti, gli occhi grandi, le labbra pronunciate, i “rossi” sulle guance, gli improbabili capelli di lana o quelli più inquietanti ricavati da vecchi scampoli di pelliccia, i cappelli che servono da distintivo, “marchio” indelebile di un’attività – postino, carabiniere, cuoco, infermiera, pompiere… – che solo la scena potrà far vivere loro.
Sono i burattini, quelli con una testa di cartapesta alla quale si appende un abituccio vuoto con maniche dalle quali sporgono mani generalmente fuori misura, di cartone o di legno, spesso armate di strumenti che fanno il paio col cappello per determinarne il ruolo: una busta per il postino, un manganello per il carabiniere, un mestolo per il cuoco, un siringone per l’infermiera e così via.
È gravemente offensivo confonderli con le marionette (offensivo soprattutto per queste ultime, intendo), personaggi un po’ snob, signorili e a tutto tondo, “pieni” e dotati – addirittura – di gambe e piedi che insieme a tutto il resto prendono vita grazie al sapiente lavoro del “puparo” sui sottili ed evanescenti fili di nylon che li sorreggono.
Quando le vedi – statuarie e dignitosamente erette grazie alla forza di gravità – ti aspetti che le marionette ad un tratto si mettano in cammino per andare a scoprire le meraviglie del mondo esterno al teatro.
Quando vedi il burattino ti viene da sorridere e chiederti “Dove potrà mai andare così, molle e senza gambe?”
Ma non viene mai da pensare che per come è fatto, praticamente tutto testa, il burattino possa avere dei pensieri. Magari pensieri di cartapesta, niente di filosofico, per carità, ma pur sempre pensieri…
Una ghiandola pineale di cartapesta (Cartesio mi perdoni) è pur sempre meglio di niente, resta comunque “sede dell’anima”, per quanto anch’essa dello stesso materiale.
Insomma: anche il burattino ha un’anima!
Come può, dunque, il burattinaio arrogarsi il diritto di far agire, muovere, parlare il burattino a suo piacimento?
Sembra quasi di sentirlo – il Diavolo lì disteso – sussurrare all’orecchio del vicino Pulcinella: «Eccolo, sta arrivando! Tra non molto infilerà la sua mano grassoccia nel tuo corpo e ti costringerà al ridicolo, al furfantesco, al meschino, ad una figuraccia che si chiuderà, come sempre, con il carabiniere che non ti risparmierà un fracco di legnate.»
«Non mi pare che la tua sorte sia migliore. A breve anche tu proverai – ancora e di nuovo e chissà per quanto – il solletichino dei suoi pelacci nella tua pancia. E ti farà dire cose terribili (perché tu sei la cattiveria come io sono l’artista dell’arrabattamento) e ti farà fare cose terribili.
Ti metterà contro di me e contro noi tutti, perfino contro la dolce e tenera Colombina, che continuerà a riproporsi sottomessa e servile.
Il burattinaio fa di noi ciò che crede, non certo ciò che è giusto. Ed il pubblico ride e batte le mani, impazzito di gioia per le mie ingenue malefatte e per le bastonate della guardia, ed esclama i suoi “ohhhh” di sgomento di fronte alle tue diavolerie, e si sente straziare per le pene d’amore della nostra primadonna. Perché tutto questo è divertimento ed il pubblico vuole divertirsi. Non c’è niente di più divertente dei guai, purché a passarli siano gli altri!»
«Parole profonde e un po’ plumbee, dette da un incolto buffone!»
«Saggezza popolare, caro mio!»
«Con la quale non sono d’accordo: ricorda che io sono il Diavolo! Se il burattinaio ti mette in cattiva luce, se ti fa bastonare, se fa soffrire la ragazza e chiunque altro è solo perché io – e solo io – sono il suo ispiratore, la sua Musa, la sua malacoscienza.
Così come lo sono per il pubblico, che non solo non si oppone alle angherie, ma che anzi le sollecita e le spinge e le sostiene ridendo e applaudendo. Non la guardia che ti picchia, bada bene, ma il burattinaio che è dentro di lei.Hai ragione, la sua mano è anche dentro di me. Ma sono io a guidarla.
È così dall’inizio del mondo: ci sono i burattinai e ci sono i burattini, da sempre.
I burattini sono plasmati, vestiti e decorati dal burattinaio, che apparentemente dà loro la vita, mentre nella realtà assoggetta ai suoi voleri la loro anima di cartapesta.
Dal canto suo, lui, è rispettato e seguito e onorato dal pubblico, convinto che nelle sue vene scorra il sacro fuoco dell’Arte.
Solo che la sua arte si chiama… Potere!»
Raffaele Corte (27 ottobre 2017)