Un nome è per sempre, come un diamante (ma anche di più)…
In antropologia culturale (la materia probabilmente più amata nel corso dei miei studi) mi hanno insegnato che presso parecchi popoli “ancestrali” l’arma migliore in guerre e battaglie era la conoscenza del nome del nemico piuttosto che la freccia o la lancia.
Abbattere l’avversario è cosa relativamente facile, ma poi? Conoscerne il nome vuol dire estrarre l’essenza della sua anima, della sua forza, di tutto il “suo”.
Ed è la cosa più difficile (provate a chiedere a qualcuno con la spada puntata in gola “come ti chiami”? Probabilmente il massimo potrà essere un “vaffa, nemico di merda!”).
L’inutilità di questa scarna introduzione si sottolinea in considerazione del fatto che non voglio parlare di umani, ma di gatti.
Penso comunque di aver dato una visione di quanto intendo affermare: “nomen omen” vale anche per i gatti e – probabilmente – anche per cani, giraffe e ornitorinchi!
Da alcuni mesi, nella nostra casa, è entrato un gatto trovatello a fare da “tampone” alla perdita di un’altra micia che – giustamente – a diciotto anni di età ha pensato bene di farci “ciao ciao” con la coda per raggiungere il mitico (e pellerossa: torniamo in antropologia) “Ponte dell’Arcobaleno“.
Dunque, questo trovatello ha trovato nome in Aramis, lasciando altrove Athos e Portos, ma rimanendo guascone entusiasta e battagliero, a suo modo “giocoliere” e amante delle donne (gatte?), della vita e degli intrighi.
Ovviamente la parte inerente ai suoi amori – per sua sfortuna e per nostri motivi di sopravvivenza casalinga – è stata inibita, peraltro senza grossi problemi.
Fino a trovarsi di fronte la nuova arrivata Bastet, detta Basty, che lui ha confuso con una Richelieu in gonnella (?) e che come recita “Wikipedia”, è stata una delle più importanti e venerate divinità fra le antiche religioni, raffigurata o con sembianze femminili e testa di gatta o semplicemente come una gatta.
Scusate se è poco.
Lei sembra esserne perfettamente cosciente e mantiene un “aplomb” da dea interrotto solo, di quando in quando, da alcune sane zampate “dall’alto in basso” dirette al mascalzoncello, che cerca di delegittimarla dal suo ruolo superiore.
Salvo quando arriva l’ora delle pappe. E allora, signori miei, state tranquilli che spariscono tutte le differenze sociali: praticamente come ad un buffet tra “umani”.
E allora, signori miei, accogliete in casa i randagi in difficoltà dando loro un nome beneaugurante che superi i “Fuffi”, “Cicci”, “Lilli”, “Bubi” e quant’altro: il nome è importante e con una scelta oculata, alla fine, ci si guadagna: parola di umano!
E naturalmente vale anche per i figli non quadrupedi!
Raffaele Corte (17 ottobre 2016)